Che cos’è quella cosa che quando la fai ti fa sentire vivo? Vibrante di energie, presente, attento, gentile con te stesso e con gli altri? Eccola, è quella cosa lì che devi fare. Non importa che cosa sia. Il mondo ha bisogno di persone che si facciano vive.
Ecco che vedo l’ennesima pianta capitozzata inutilmente, quando si sarebbe potuto potarla ad arte e risparmiare un trauma a lei a me e al mondo. Questa volta però il responsabile del capolavoro è ancora lì, attorniato da una audience di comari, giovinastri e pensionati del posto che fanno il tifo per la potatura selvaggia. Dàgli addosso al tiglio! È un po’ come in uno sfogo di gruppo. "Eh, non se ne poteva più... Hai visto come era diventato grande? Dàgli una sistemata..." C’è un accanimento di gruppo contro chi non può difendersi.
Fermi tutti. Questa volta non lascerò passare la cosa, anche se è una pianta privata. Ciao, sei tu che stai potando? Che tecnica di potatura stai applicando? Sai che cos’è il taglio di ritorno? Silenzio. Gli astanti sbigottiti. Il ragazzo che era all’opera imbarazzato. Allora vado su qualcosa di meno tecnico e più semplice, intuitivo quasi. Che differenza c’è fra una potatura di contenimento e una potatura di diradamento? Silenzio attonito. Come se stessi chiedendo qualcosa che non ha nessuna attinenza col mestiere del ragazzo. Forse lui si stava solo dilettando in una carneficina dell’albero voluta dal suo gruppo. Accenna ad andarsene. Aspetta, posso insegnarti.
Quello che stavi tagliando è un tiglio. Hai mai visto le sue foglie che assomigliano a un cuore? Ti sei mai seduto una sera di tarda primavera sotto ai suoi fiori? Ti sei perduto nel suo profumo? Prima di iniziare a potare una pianta devi imparare a vederla. Non solo lei, il singolo soggetto che hai davanti, questo viene in un secondo momento. Devi imparare a vedere - attraverso di lei - l’intera Specie, l’intero gruppo a cui appartiene.
C’è un disegno generale a cui ogni albero si rifà e un disegno particolare per ogni specie, un portamento caratteristico che contraddistingue le une dalle altre, tanto che anche quando non hanno più le foglie in inverno e da una certa distanza possiamo distinguerle. Quindi arriva l’albero che hai davanti, che stai per potare. Qual è il modello a cui si ispira, la forma a cui tende? E come si è sviluppato invece e perché? Sta accanto ad altre piante, a un edificio? Dove è cresciuto? In un’aiuola, in un giardino, a bordo strada? Ha assunto una forma strana, particolare? Ha qualche ramo decisamente particolare? Nodoso, sinuoso, parallelo al terreno o al fusto principale? Che cosa mi dice di questa pianta la sua forma? Perché sto per potarla?
Entrare in relazione con una pianta e massimamente con un albero per potarlo non è imporgli la forma che voglio io, è accompagnarlo ad esprimere al meglio il carattere della specie a cui appartiene attraverso la forma particolare in cui è sviluppato.
C’è bisogno di studio per fare questo, c’è bisogno di pratica ed esperienza. E poi ci vogliono, ad accompagnare abilità tecnica e manuale, empatia e gusto. Occorrono, a volte, un paio di invisibili ali per avvicinarsi con deferenza e rispetto ai giganti silenziosi che hanno scelto di dividere con noi la loro vita. Ci vuole sensibilità ed estro, un affetto particolare per questi esseri che sostengono con la loro, la nostra vita.
Adesso hai capito? Toccare un albero richiede un’arte e una maestria che non si improvvisano. Non si pota un albero per noia, o per i soldi che eventualmente ne ricavi. Devi sentire che ti piace quello che stai facendo e che ogni gesto ha un senso, come ogni ramo che rimuovi, raccorci o lasci intatto.
Ma tu mi guardi, e non capisci...