martedì 27 aprile 2010

some call it a weed / le chiamano erbacce...

ed ecco come si presenta in primavera dalle nostre parti un prato rustico quando decidiamo di non tagliarlo... va a fiore e mostra il suo costume di Arlecchino.

this is what a meadow looks like in springtime in our neighbourhoods when it goes unmown... it turns into flowers and shows its Harlequin costume.

sono tante le erbe che lo compongono: il tarassaco, la prunella, le margherite, il trifoglio e tutte vanno a fiore se glielo lasciamo fare. di questo sono contenti i fiori, i bambini e le api. le farfalle, la terra e i pittori.

a meadow is made of so many plants: dandelions, self-heal, daisies, clover and all of them bloom if we just allow them to. of this merry are the flowers, toddlers and bees. butterflies, land and painters.

volete andare a caccia di fiori in questi giorni? ecco che cosa ho trovato guardandomi in giro:

hunting for flowers these days? look at what i've found:

una trapunta fiorita,

a quilt of flowers,




un campo di stelle,

a field of shining stars




e un arazzo d'erbe....

a tapestry of blossoms and grasses...


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di fronte a un prato in fiore, osservatene un pezzetto alla volta. che cosa vedete? guardate i lati all'ombra e quelli esposti al sole, come si mischiano le piante fra di loro? son tutte uguali o una è diversa dall'altra?

un prato spontaneo è una comunità di diverse specie erbacee in equilibrio fra loro, un po' come in una classe di bambini e bambine. ognuno è diverso dall'altro e insieme però formano un gruppo che è capace di vivere delle esperienze comuni ed è in grado di trovare al suo interno le risorse per far fronte alle eventuali difficoltà - per il prato queste sarebbero una prolungata mancanza d'acqua, temperature troppo basse o troppo alte e così via. in un prato l'erba più alta fa ombra a quella più bassa; i fiori dai colori più neutri e piccolini fanno risaltare quelli più vistosi e solitari; le piantine con le radici più profonde scavano la terra anche per le altre e così via in un rapporto di reciprocità dove l'equilibrio e il benessere dell'insieme è dato da una regolata convivenza di ciascun individuo con chi gli sta intorno.

apprezzate allora i campi e i prati dove ci sono tante erbe tutte una diversa dall'altra, questa è la vera ricchezza!

(dedicato a una classe di bambini e bambine che vanno a caccia di nuvole e intessono storie insieme alla loro maestra! un abbraccio a tutti da Sergio ;-)

martedì 13 aprile 2010

l'erba del vicino

Un giorno Dio si sveglia e fa – che starà succedendo sul pianeta Terra? e dà un’occhiata verso questa gemma azzurra che, tracciando la sua melodia, fluttua nello spazio insieme alle galassie. Mettendo a fuoco lo sguardo tuttavia, resta sorpreso di ciò che vede.
Chiama a rapporto uno dei suoi Giullari, un Folle d’Amore, che sul nostro pianeta se la intese con le creature e gli elementi che tutti chiamava fratelli e sorelle.
DIO: Francesco, dimmi, che sta succedendo laggiù sulla Terra? che ne è delle margherite e degli occhi della Madonna? dei soffioni e delle viole, e di tutte le specie che piantai milioni di anni fa? Avevo in progetto un giardino fantastico senza bisogno di alcuna manutenzione. Ogni tipo di terreno avrebbe avuto le sue piante, resistenti alla siccità e capaci di moltiplicarsi all’infinito. Ogni specie avrebbe avuto i suoi fiori il cui nettare, traboccante dai loro calici, avrebbe attirato farfalle, api e colibrì. Mi aspettavo di vedere un vasto giardino dai mille colori a quest’ora, e invece, non vedo che dei rettangoli verdi…
FRANCESCO: Sono le tribù che hanno preso piede su buona parte del pianeta, Signore. I Tecnoumani. Hanno etichettato i tuoi fiori chiamandoli “erbacce” e hanno fatto di tutto per sterminarli e sostituirli con il… tappeto erboso, Signore!
DIO: Tappeto erboso? ma è di una noia mortale! Non ha molti colori, non attira le farfalle, gli uccelli e le api; soltanto vermi e camole di insetti. Non sopporta il caldo; non sopporta il secco; non resiste all’umidità… ma i Tecnoumani vogliono davvero tutta questa erba nei loro giardini?
FRANCESCO: Pare proprio di sì. Fanno di tutto per farla crescere e mantenerla verde. Iniziano in primavera a fertilizzarla con prodotti chimici e avvelenano ogni erba estranea che spunta nel loro prato.
DIO: Be’, la primavera con le sue piogge frequenti e le prime giornate calde fanno crescere l’erba molto in fretta. Questo deve rendere i Tecnoumani felici.
FRANCESCO: pare di no, Signore. Appena l’erba cresce un poco, loro la tagliano… anche due volte a settimana in certi casi…
DIO: La tagliano? forse che la fan su come in balle di fieno?
FRANCESCO: Non proprio, Signore. La maggior parte di loro la rastrella su e la mette in dei sacchi…
DIO: La insacchettano? e perché? Allora, è come un foraggio? la vendono?
FRANCESCO: No, Signore, al contrario. Pagano qualcuno per buttarla via.
DIO: Aspetta un attimo, fammi capire. Concimano l’erba affinché cresca il più possibile. E, appena cresce, la tagliano e pagano qualcuno per portarsela via?
FRANCESCO: Ehem, sì, Signore.
DIO: Questi Tecnoumani saranno contenti in estate allora, quando ritiriamo le piogge e accendiamo il riscaldamento, sicuramente questo rallenta la crescita dell’erba e risparmia loro un sacco di fatica…
FRANCESCO: Signore, lei non ci crederà… quando l’erba cessa di crescere così in fretta e il prato andrebbe in riposo loro azionano degli impianti o, alla peggio, tirano fuori delle canne, e pagano qualcuno per bagnarlo in modo da poter continuare a tagliarlo e pagare qualcunaltro per potersi sbarazzare dell’erba…
DIO: È assurdo! Almeno hanno tenuto degli alberi. Quello fu un colpo di genio, se me lo consenti. Gli alberi si accendono di bellezza in primavera e si rivestono delle loro foglie per offrire frescura e ombra in estate. In autunno poi avvampano di splendore e lasciano cadere a terra le loro foglie per formare una coperta naturale sul suolo che lo mantiene fresco e protegge le radici di alberi e arbusti. È il ciclo naturale della vita…
FRANCESCO: Signore, è meglio che si sieda. I Tecnoumani hanno disegnato un nuovo ciclo. Non appena le foglie cadono, le rastrellano in grossi mucchi e pagano qualcuno per portarle via.
DIO: Nooo…!?! e come proteggono le radici di alberi e arbusti durante l’inverno per mantenere il terreno fresco e friabile?
FRANCESCO: Dopo essersi sbarazzati delle foglie, vanno da qualche parte e si comprano del materiale che chiamano pacciame. Se lo portano a casa e lo distribuiscono sul terreno al posto delle foglie.
DIO: E da dove ricavano questa pacciame?
FRANCESCO: Abbattono gli alberi e li macinano per fare il pacciame.
DIO: Ok – non voglio sentire altro. Vediamo il film che Caterina ha scelto per noi questa sera…
CATERINA: Si intitola “Slendore nell'erba”, Signore. Parla di…
DIO: Sì sì, lo so. Francesco mi ha già raccontato tutto!...
(liberamente tradotto e adattato dell'originale rinvenuto in rete senza una fonte sicura)
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allora, se avete un giardino o un balcone o anche solo un davanzale con qualche vaso, provate il piacere di lasciare fare alla natura. in un angolo del giardino, ai piedi di un albero o alla base di un cespuglio smettete di falciare l'erba per qualche settimana e godetevi lo spettacolo dell'avvicendarsi di fioriture su fioriture, alte spighe, erbe striscianti ciascuna con le sue forme e i suoi colori. non devono essere irrigate, non devono essere concimate, non hanno bisogno di esser diserbate: vi chiedono solo di potersi manifestare nel vostro giardino e nella vostra vita.

il gioco vale anche per chi alleva piante in vaso. gli uccelli, il vento e la terra stessa trasportano i semi di innumerevoli piante che nascono spontaneamente nei nostri vasi, per una volta aspettiamo a strapparle. aspettiamo di vedere che fiore hanno. api, osmie e farfalle ce ne saranno riconoscenti.

Imagine God talking to St Francis about the reasons why the Earth is not quite what he would expect after his glorious plans...
GOD: Frank, you know all about gardens and nature. What in the world is going on down there on that planet? What happened to the dandelions, violets, thistle and stuff I started eons ago? I had a perfect no-maintenance garden plan. Those plants grow in any type of soil, withstand drought and multiply with abandon. The nectar from the long-lasting blossoms attracts butterflies, honey bees and flocks of songbirds. I expected to see a vast garden of colors by now. But, all I see are these green rectangles.

ST. FRANCIS: It's the tribes that settled there, Lord. The Suburbanites. They started calling your flowers "weeds" and went to great lengths to kill them and replace them with grass.

GOD: Grass? But, it's so boring. It's not colorful. It doesn't attract butterflies, birds and bees; only grubs and sod worms. It's sensitive to temperatures. Do these Suburbanites really want all that grass growing there?

ST. FRANCIS: Apparently so, Lord. They go to great pains to grow it and keep it green. They begin each spring by fertilizing grass and poisoning any other plant that crops up in the lawn.

GOD: The spring rains and warm weather probably make grass grow really fast. That must make the Suburbanites happy.

ST. FRANCIS: Apparently not, Lord. As soon as it grows a little, they cut it-sometimes twice a week.


GOD: They cut it? Do they then bail it like hay?

ST. FRANCIS: Not exactly, Lord. Most of them rake it up and put it in bags.


GOD: They bag it? Why? Is it a cash crop? Do they sell it?

ST. FRANCIS: No, Sir, just the opposite. They pay to throw it away.

GOD: Now, let me get this straight. They fertilize grass so it will grow. And, when it does grow, they cut it off and pay to throw it away?

ST. FRANCIS: Yes, Sir.

GOD: These Suburbanites must be relieved in the summer when we cut back on the rain and turn up the heat. That surely slows the growth and saves them a lot of work.

ST. FRANCIS: You aren't going to believe this, Lord. When the grass stops growing so fast, they drag out hosesand pay more money to water it so they can continue to mow it and pay to get rid of it.

GOD: What nonsense. At least they kept some of the trees. That was a sheer stroke of genius, if I do say so myself. The trees grow leaves in the spring to provide beauty and shade in the summer. In the autumn, they fall to the ground and form a natural blanket to keep moisture in the soil and protect the trees and bushes. It's a natural cycle of life.

ST. FRANCIS: You better sit down, Lord. The Suburbanites have drawn a new circle. As soon as the leaves fall, they rake them into great piles and pay to have them hauled away.


GOD: No. What do they do to protect the shrub and tree roots in the winter to keep the soil moist and loose?

ST. FRANCIS: After throwing away the leaves, they go out and buy something which they call mulch. They haul it home and spread it around in place of the leaves.GOD: And where do they get this mulch?


ST. FRANCIS: They cut down trees and grind them up to make the mulch.

GOD: ENOUGH!! I don't want to think about this anymore. St. Catherine, you're in charge of the arts. What movie have you scheduled for us tonight?

ST. CATHERINE: "Dumb and Dumber", Lord. It's a story about....


GOD: Never mind, I think I just heard the whole story from St. Francis.

(i found this on the web but no author mentioned)

lunedì 12 aprile 2010










Like in a tale – say, out of a contemporary Arabian Nights – you’ve been wandering through towns, catching buses and underground trains, walking, cycling and sometimes even flying.

You’ve become acquainted to all sorts of bookshops – antique and new, libraries, markets and fairs; collections, museums and cathedrals of arts and religions. And you got lost in the countryside too, you crossed rivers and entered woods, slept in fields and olive yards – lulled by cicadas at noon and grasshoppers at night.

You ended up living in a monastery. Woke up early mornings to attend classes, pray and catch a glimpse of the rising sun. Oh, to hear the sound of bells through incense, to see that light melting in the sky!

Ever in search of those words that would at last unfold the mistery and provide your personal experience with a universal meaning, you’ve been looking for a teacher of secrets, a mentor, a master. The one that would tell you a story. Your story, so similar to that of the Gold-hatted boy and the Green-feathered bird.

The boy’s efforts – like your own – to find a precious stone, an egg, that seed, through far off places and under the ground. The occasional companions in his quest – beasts and humans, like your friends and pets. And the ferocious ones – evil ogres and ugly monsters, like your own rivals.

His trials, his disconfort, his moments of utter joy when tiny things happened that seemed to lead somewhere. And at last the great discovery. After the gloomiest of days – spent in a cave alone – that seemed to never end, the light. The soft light caressing the skin, a bud unfolding. Those words that composed themselves in a message to you. A riddle that no longer puzzles you.

You can catch it, but you will never get a hold on it,
You cannot hold it for it is holding you.
It holds you, yes, and yet it makes you free.

It belongs to you, but you will never own it.
It is not your exclusive possesion and yet it is your wealth.
You’ve got to tend it and yet it is feeding you.

So when the green feathered bird comes by,
you’re not surprised; you know he wants your stone.
By now you know the bird, the stone and you are one.



Come in una fiaba, diciamo le Mille e una Notte dei nostri tempi, hai girovagato per strade e città - a piedi, in bicicletta, salendo e scendendo per treni e metrò, talvolta perfino volando.

Hai frequentato librerie di ogni tipo - antiche e moderne, biblioteche, sagre e mercati; collezioni e musei; cattedrali dell'Arte e dello Spirito. e ti sei perso nella campagna pure, hai attraversato fiumi e penetrato boschi; hai dormito in campi e uliveti - cullato dalle cicale a mezzogiorno e dai grilli la sera.

Sei finito a vivere in un monastero. Ti alzavi presto la mattina per frequentare le lezioni, pregare e intravvedere il sorgere del sole in un istante. Oh, ascoltare il suono delle campane nell'incenso, guardare quella luce sfaldarsi nel cielo.

Sempre alla ricerca di quelle parole che avrebbero alla fine svelato il mistero e fornito la tua personale esperienza di un significato universale, hai cercato un maestro di segreti, un mentore, una guida. Quello che ti avrebbe raccontato una storia. La tua storia, così simile a quella del Ragazzo dal Cappello d'Oro e dell'Uccello dalle Piume Verdi.

gli sforzi del ragazzo - così simili ai tuoi - alla ricerca della pietra preziosa, di un uovo, di quel seme attraverso posti sperduti e sotto terra. i compagni di fortuna nella sua ricerca - animali e umani, come i tuoi amici e i tuoi compagni animali. e gli incontri feroci - con orchi cattivi mostri terribili, come i tuoi stessi rivali.

Le sue prove, il suo malessere, quei momenti di gioia totale quando succedevano piccole cose che parevano portarlo nella giusta direzione. E alla fine la scoperta più grande. Dopo il giorno più nero che sembrava non finire più, trascorso in una grotta da solo, la luce. La luce dolce che accarezza la pelle, un germoglio che si dischiude. Le parole che si composero in un messaggio per te. Un indovinello che ha cessato di turbarti.

Puoi coglierla, non mai trattenerla,
Trattenerla
non puoi, perché è lei a trattener te.
Ti trattiene, già, eppure ti rende libero.

Ti appartiene, ma non mai la possiederai.
Non è tua proprietà esclusiva, eppure è la tua ricchezza.
Devi curarla, eppure lei ti nutre.

Così, quando ti verrà vicino l'uccello dalle piume verdi ,
non ti sorprenderà; sai già che vuole la tua pietra.
Oramai tu
sai che tu e lui e la pietra siete una cosa sola.

lunedì 5 aprile 2010

inside outside








potrebbe essere che entrando in uno spazio questo penetri in noi come noi stiamo entrando in esso. e non intendo semplicemente che ci si avvolga intorno come è abbastanza spontaneo pensare ma proprio ci passi attraverso, ci compenetri come un uccello che fenda l'aria volando e al tempo stesso se ne lasci penetrare completamente. internamente ed esternamente.

se non vi è mai capitato prendetela pure come un'ipotesi di lavoro. è possibile che le qualità di un luogo, penetrandoci, ci si manifestino internamente proprio come le nostre qualità fuoriuscendo da noi interagiscano con l'ambiente che ci circonda trasformandolo e lasciandoci conoscere da esso.

si tratta di un’interazione. è un fenomeno che capita costantemente: che ne siamo consapevoli o meno. uno spazio ha una sua personalità che entra in relazione con la nostra. succede quando entriamo in un supermercato, quando torniamo a casa, quando visitiamo un museo o entriamo in una chiesa.

quello che succede è che un luogo, dotato di precise qualità e caratteristiche – intrinseche o per così dire donate ad esso dall’intento di chi lo ha ideato e costruito e dall’uso costante che ne è stato fatto nel tempo – entra in risonanza con noi, con una parte del nostro corpo o un ambito della nostra vita, e scambia con noi delle informazioni. per coglierle dobbiamo allenarci a uno stato di silenzio interiore e rispetto verso noi stessi e i luoghi che visitiamo. questo tipo di interazione è fonte di grande gioia e arricchimento.

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la prossima volta che varchiamo una soglia, che stiamo per “entrare” da qualche parte, prendiamo consapevolezza di questo attraversamento; fermiamoci un attimo prima di valicare l’ingresso – sia esso di una casa, di un museo, di un luogo di culto, di una scuola, di una palestra – porgiamo i nostri saluti, esprimiamo il nostro rispetto per la sua esistenza, proviamo a domandarci come mai la vita ci ha portato a questa soglia e predisponiamoci all’ascolto di quanto questo luogo potrebbe avere da comunicarci. possiamo fare questo piccolo esercizio di centratura e ascolto praticamente ovunque, prima di scendere in una stazione della metropolitana per prendere un treno o prima di salire sulla nostra stessa auto, prima di entrare nell’edificio dove lavoriamo e nel nostro ufficio. possiamo farlo prima di entrare dal panettiere o nel nostro giardino. onoriamo così gli spazi che ci accolgono quotidianamente.


we may enter a room and this will penetrate within us as we are doing with it. i don't just mean it will wrap us as it is quite easy to imagine, i really mean it will pass through us, penetrating us like a flying bird that breaks the air, at the same time letting the air break through its body both outwardly and within.

if you've never experienced it, take it as a possibility to work upon. there's a chance that the qualities of a place, by penetrating us, will reveal themselves within us. in the same way as our own qualities leaking from us interact with what is around us by changing it and thus letting ourselves be known by our environment.

it is a way of interacting. it is something that happens every time. whether we realize it or not a room has a personality of its own that relates with ours. it happens when we enter a supermarket, when we get home, when we’re visiting a museum or entering a church.

what happens is that a place with its own characteristics and qualities – whether innate or lent to it by those who designed and built it and by those who attended it in time – starts resonating with us, with a part of our bodies or specific areas in our lives, and an exchange of information takes place. in order to become conscious that such a process is taking place we need training to a state of inner silence and respect towards ourselves and the places we visit. this kind of relationship brings great joy and broadens our inner resources.

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next time we are about to open a door and enter somewhere, let’s become conscious of this threshold and our passing through it; let’s stop for a while before entering somewhere – whether our home, a museum, a sacred place, a school, our gym – let us give our regards to the place, let us say respect its existence, let’s wonder how comes that life took us to this threshold and let’s get ready to perceive what this place might want to communicate to us. we can easily practice this exercise of centering and listening almost anywhere, before getting underground to catch a subway train or getting into our own car; before entering the building where we work and our office. We can practice it before getting into the bakery or our garden. Let’s honour in this way the places that daily embrace us.

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